
Cari lettori,
Torniamo a scrivervi all'indomani della visita-lampo del presidente russo Putin nella nostra capitale.
Si è trattato del secondo incontro tra i massimi vertici dei due Paesi dalla formazione dell'attuale esecutivo italiano (avvenuta peraltro a poca distanza dalla conferma del quarto mandato di Putin). Rispetto al primo meeting, tenutosi l'ottobre scorso con la visita di Conte a Mosca, non sono venute alla luce particolari novità. Ma non bisogna stupirsene.
Il fatto che l'attuale governo italiano si mostri retoricamente più vicino alle posizioni della Russia non significa infatti che esso si sia posto in discontinuità con gli esecutivi passati, o che sia disposto a compiere un vero salto di qualità nelle relazioni con Mosca.
Prima di tutto, perché tra Italia e Russia i rapporti sono quasi sempre stati buoni, a prescindere dal temporaneo colore politico delle due parti. E poi perché l'attuale contesto internazionale, nei fatti, impedisce un ulteriore avvicinamento tra Roma e Mosca. L'Italia resta infatti legata a doppio filo agli Stati Uniti e all'Alleanza Atlantica, mentre nei confronti dell'Ue sta ponendo dei temi (dai conti pubblici alle questioni migratorie) che ritiene di maggiore importanza strategica.
Non ci sono dunque molti margini di miglioramento, nelle correnti relazioni italo-russe. Semmai, c'è da constatarne i limiti. Rappresentati innanzitutto dalle sanzioni (generoso, e al tempo stesso rassegnato, l'"assist" di Putin verso un'Italia costretta da forza maggiore a seguirle), ma anche dalla crisi libica: mancata occasione d'incontro tra due sponde che avrebbero molto da dire - e da dirsi - sulla stabilità del Nordafrica.
Le solite luci, dunque, e qualche piccola ombra in più nei rapporti tra Roma e Mosca. Qui abbiamo ricostruito in modo più dettagliato i temi e le problematiche del bilaterale.
Tra Putin e Papa Francesco - incontratisi nella stessa giornata di giovedì in Vaticano - le cose vanno invece diversamente. Lo Stato più grande e quello più piccolo del mondo condividono infatti molte più cose di quanto la geografia o l'ideologia dei rispettivi leader possano suggerire. In primis la protezione dei cristiani, in Siria e non solo, ma anche la critica al dominante sistema "liberal-liberista". Probabili temi cardine del colloquio a porte chiuse tra i due capi di Stato, che si conoscono (e si apprezzano, con riserva) da quel lontano 2013 in cui la convergenza delle loro azioni diplomatiche arrestò l'intervento di Obama contro il regime di Assad.
L'altro punto focale dell'incontro ha riguardato l'Ucraina e naturalmente la situazione della Chiesa Ortodossa, che proprio a Kiev ha vissuto di recente il suo ultimo scisma. Francesco ha già incontrato - con una decisione storica - il suo omologo Kirill a Cuba, nel 2016. E non esclude di recarsi a Mosca prima della fine della presidenza di Putin. Una scelta che sarebbe ricchissima di significato, sia sul piano politico che su quello prettamente religioso e inter-confessionale.
E proprio sulla Chiesa Ortodossa abbiamo concentrato le nostre ricerche per il consueto dossier mensile, che trovate in allegato.
Obiettivo, quello di fornire vari punti di vista (soprattutto regionali) su una confessione religiosa usata sempre più per fini politici, da parte degli attori statali e non solo. La pluralità delle Chiese nazionali coincide così con l'eterogeneità degli interessi in campo, dall'Asia Centrale ai Balcani, passando ovviamente per l'Ucraina e il Vicino Oriente.

A cura di Mattia Baldoni